La novitą sta nel
fondale, in quella cornice nostrana che, seppur con riferimenti
geografici vaghi, spazia fra le genti della valle del Piave o si
rinchiude nei borghi della cittą. Č in libreria la raccolta
"Storie di barba e ičie, racconti popolari del Bellunese" di
Fulcio Bortot, scrittore non nuovo a pubblicazioni in cui l'ambiente
naturale e i ritmi di un tempo che fu contadino la fanno da
protagonisti. La saga, infatti, mostra il sapore d'antico, con zii e zie
che sono stati chiamati dall'autore a dettare le 25 fiabe della
raccolta. Sono gli anziani, infatti, i detentori di un buon senso
risolutivo, di una sapienza fatta d'esperienza pił che di libri. Sono
loro a ripetere ai nipotini di cinquant'anni fa ciņ che avevano a loro
volta sentito. Sorta che rapsodo Bortot cuce e fissa sulle pagine
immagini, invenzioni, "topoi" ed emozioni fantastiche. Ecco le
Dolomiti, per esempio, che erano tetre montagne "dai picchi
scivolosi e dalle guglie sinistre" prima che i nani catturassero i
raggi di luna, li avvolgessero in brillanti matasse come fossero fili di
seta e circondassero poi "ogni masso ed ogni anfratto di quel
prezioso filo".
Il libro non trabocca -
per fortuna, diciamo noi- della retorica di "o tempora, o mores".
Nessuna malinconia struggente per quegli anni di fatica, ma per lo pił
volontą di documentazione. In cui, per dirla con Francesco Piero
Franchi che ha curato l'introduzione: «L'insieme narrativo non ci
presenta sempre un racconto consolante o consolatorio: pił spesso
sembra una preparazione alle difficoltą della vita, con momenti di
grandioso pessimismo».
Va sottolineato che il
volumetto "Storie di barba e ičie" (13 euro, grafica e
impaginazione di Stefano Zanette) rappresenta l'avvio della Libreria
Campedel in veste di casa editrice che intende curare, in modo
specifico, pubblicazioni di carattere locale.
Daniela De
Doną
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