|
Insieme all'"Odissea", le "Metamorfosi" sono il libro pił fortunato che l'antichitą classica ci abbia lasciato. Dante e Shakespeare, pittori e scultori, musicisti e romanzieri di ogni paese e di ogni etą lo hanno amato, riscritto, illustrato, dipinto. E il libro che per la sua leggerezza, rapiditą, esattezza, visibilitą e molteplicitą Italo Calvino affidava al terzo millennio.
E la summa del mito antico, ma anche delle passioni e dell'infelicitą che dominano da sempre il mondo. Tutto, secondo O
vidio, muta: il cosmo, gli dči, i corpi degli uomini e delle donne. Nelle "Metamorfosi", le storie di animali che divengono pietre, di eroi e ninfe mutati in stelle, di numi che s'incarnano, nascono l'una dall'altra, si intrecciano, riaffiorano in sequenza velocissima e cangiante.
Con il quarto volume dell'opera giungiamo ai libri centrali delle Metamorfosi, quelli che vanno dal VII al IX. Vi incontriamo vicende celeberrime: quella, furibonda, di Giasone e soprattutto di Medea durante e dopo la
spedizione degli Argonauti, la prima che abbia solcato il mare; la terribile pestilenza di Egina; le storie tragiche di Cefalo e Procri, di Minosse e Scilla, di Ercole e Deianira; ma anche, all'estremo opposto, la favola delicatissima e commovente di Filemone e Bauci, che gli interpreti del Medioevo cristiano seppero bene come spiegare.
I due vecchi sposi ospitano Mercurio e Giove nella loro misera capanna, pronti persino a sacrificare la loro unica oca per sfamare degnamente gli dči.
|