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Le novità intervenute negli ultimi anni anche nel campo delle prove non sono di poco conto: nuovi contributi dottrinali, infatti, hanno registrato cambiamenti significativi e la giurisprudenza ha dovuto aggiornare i suoi indirizzi, consolidandone alcuni e abbandonandone altri. Si pensi, ad esempio, al passaggio (non senza conseguenze di rilievo) dall’“onere” al “diritto” alla prova: l’art. 190, co. 1, c.p.p. (Diritto alla prova) sancisce inequivocabilmente che “le prove sono ammesse a richiesta di parte”.
L’attività processuale, tesa a preparare e a sviluppare la prova nei suoi vari elementi, “non può essere chiusa e inaccessibile”, in quanto il principio della verità materiale, che “sovranamente la domina”, esige che chiunque possa “recarvi eventualmente un contributo di informazione”. Insomma il processo penale, oltre che finalizzato all’accertamento della verità reale, deve ispirarsi a giustizia e equità, valori che si manifestano anche nello spazio che alle parti del processo è lasciato in ordine “alla ricerca, all’introduzione e all’assunzione delle prove”. Del resto proprio lo “spazio lasciato alle parti in ordine alla ricerca, alla introduzione e all’assunzione delle prove, non è altro che l’esplicazione più tangibile del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e, più precisamente, di una delle implicazioni del diritto in parola: il diritto di difendersi provando rintracciabile in quelle attività di iniziativa probatoria riconosciute all’imputato e, soprattutto, in quelle volte a ottenere l’assunzione di testi a discarico. Una difesa menomata a causa di un’arbitraria restrizione dei mezzi di prova offerti al giudice o dell’oggetto della prova proposta, si presenterebbe come una difesa senza possibilità di prove a discarico e, in sostanza, come negazione della difesa. Se tutto ciò che si è detto sin qui è vero (come è vero), “processo giusto” è quello che mira a una decisione giusta secondo un iter in cui tutte le parti sono trattate secondo giustizia: ascoltando le u ne come le altre, dando ingresso alle istanze delle une come a quelle delle altre e, tra queste ultime, le istanze concernenti la prova sono quelle a cui meno che ad ogni altra “deve essere negato l’ingresso”. Sono queste, tra le tante, le ragioni di una seconda edizione del Codice della prova penale, a distanza di tre anni dalla prima edizione, confermando la scelta di concentrarsi sul minuzioso commento degli articoli del Libro III del Codice di rito. I commenti alle norme – organizzati in paragrafi tematici, onde rendere più immediata la ricerca degli aspetti di interesse individuale – sono stati puntualmente aggiornati e in molti casi integralmente riscritti grazie al prezioso contributo di nuovi entusiasti Autori impegnati nella quotidiana applicazione alla materia. La nuova edizione si arricchisce, così, di ulteriori nonché utilissimi spunti per i professionisti del diritto, ponendo in luce le numerose soluzioni ermeneutiche che, in questa materia, sono state proposte dalla dottrina e dalla giurisprudenza costituzionale, sovranazionale, di legittimità e di merito. | |
Scheda creata Lunedi' 11 gennaio 2016 | |
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