L’ombra lunga dell’odio e il sonno dell’Occidente
Dovremo imparare a pronunciare i nomi di Adel al-Hashan,
Ali Nasser Ghalij, Mahdi Hussein el-Mayahi, Abdel Amir Mohammed. E magari
anche quelli di altri, sconosciuti poliziotti che hanno sacrificato la vita
per proteggere i seggi elettorali iracheni dagli uomini bomba agli ordini di
Al Qaeda.
Dovremo farlo, per non lasciar cadere nel vuoto la
proposta di Magdi Allam. Giornalista e scrittore italiano, di origine
egiziana, noto ai lettori del "Corriere ", e non solo, per il
coraggio delle sue prese di posizione, Allam ha scritto un saggio, Vincere
la paura, che è allo stesso tempo diario e confessione, ma anche pamphlet,
provocazione culturale, atto di denuncia e inchiesta giornalistica sul mondo
dell’islam. Nella prima pagina, quasi a dare corpo e anima all’invito
contenuto nel titolo, propone che tutte le capitali delle nazioni civili
dedichino una piazza o una via ai vari Adel, Ali, Mahdi citati
precedentemente. Accomunandoli con una dizione impegnativa: "Martiri
della libertà ". Perché sarebbe giusto, secondo Allam, che il gesto
del poliziotto Adel, capace di trascinare via un kamikaze dalla scuola Al
Shouada, a sudovest di Bagdad, non fosse dimenticato. E neppure quello di
Ali, anche lui di guardia davanti a un seggio elettorale, che alla vigilia
del suo ultimo giorno di pattuglia confidò a un amico: "Tutto il
terrore del mondo non farà desistere gli iracheni dal realizzare ciò che
desiderano". E naturalmente nemmeno quello di Mahdi e di tutti gli
altri.
Non di solo integralismo e terrore— ricorda dunque
Magdi Allam — vive il mondo arabo. Ci sono i tanti, tantissimi che dall’Algeria
all’Iraq perseguono la pace e interpretano gli insegnamenti del Corano
come un invito a rispettare il prossimo e proteggere i deboli. C’è il
coraggio degli otto milioni di iracheni che sono andati a votare sfidando le
bombe e i coltelli di al-Zarqawi. Ci sono i segnali di democrazia e voglia
di libertà che, dapprima timidamente e poi con più forza, hanno cominciato
a farsi strada nel mondo musulmano dopo la liberazione dell’Iraq dalla
tirannia di Saddam Hussein.
E c’è anche, possiamo aggiungere, la testimonianza
personale e sofferta dello stesso Allam, che nella prima parte del suo
saggio ricorda in descrizioni cariche di pathos l’Egitto tollerante della
sua infanzia, quello dei boccali di birra e delle arachidi salate, dei
narghilè collettivi e delle canzoni struggenti diUmmKalthum, stella d’Oriente,
la più grande interprete della canzone araba di tutti i tempi. Erano giorni
di relativa tolleranza, di minigonne e non di veli, di ingenue passioni
consumistiche ispirate all’Occidente ma anche di rispetto per le persone,
di cui spesso non si conosceva con certezza neppure l’appartenenza
religiosa. (A proposito di identità, Allam smonta la leggenda metropolitana
della sua fede cristiano- copta: in realtà è musulmano laico, figlio di
genitori musulmani e con una madre addirittura incline al rigorismo wahabita,
figura da lui amata e venerata, cometestimoniano queste pagine, con accenti
toccanti). Musulmano, dunque, ma non Homo islamicus, Magdi Allam. Non un
esponente, cioè, di una razza a sé stante, come di solito se la
rappresentano gli occidentali. Perché è sbagliata—non si stanca di
ripetere—l’idea di un blocco unico indistinto e minaccioso, refrattario
a qualsiasi forma di libertà e democrazia. Al contrario, una simile
semplificazione fa appunto il gioco di Bin Laden e di tutti coloro che,
sfruttando la povertà e l’arretratezza tecnologica dei Paesi arabi,
mirano a influenzarne le menti: denaro in cambio delle anime.
E’ questo dunque il senso di quella "vittoria
sulla paura" richiamata nel titolo da Allam, in singolare sintonia con
il motto più famoso di papa Wojtyla. Quasi a sottolineare che il fronte
della tolleranza e quello del coraggio attraversano le chiese, le sinagoghe
e le moschee, chiamando in causa soltanto gli uomini e le donne di buona
volontà.
Dario Fertilio
Corriere della Sera, 27 maggio 2005