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ALLAM MAGDI

Vincere la paura

Mondadori, Milano 2005

 

 

Recensione di Dario Ferilli (Corriere della Sera)

 

L’ombra lunga dell’odio e il sonno dell’Occidente

Dovremo imparare a pronunciare i nomi di Adel al-Hashan, Ali Nasser Ghalij, Mahdi Hussein el-Mayahi, Abdel Amir Mohammed. E magari anche quelli di altri, sconosciuti poliziotti che hanno sacrificato la vita per proteggere i seggi elettorali iracheni dagli uomini bomba agli ordini di Al Qaeda.

Dovremo farlo, per non lasciar cadere nel vuoto la proposta di Magdi Allam. Giornalista e scrittore italiano, di origine egiziana, noto ai lettori del "Corriere ", e non solo, per il coraggio delle sue prese di posizione, Allam ha scritto un saggio, Vincere la paura, che è allo stesso tempo diario e confessione, ma anche pamphlet, provocazione culturale, atto di denuncia e inchiesta giornalistica sul mondo dell’islam. Nella prima pagina, quasi a dare corpo e anima all’invito contenuto nel titolo, propone che tutte le capitali delle nazioni civili dedichino una piazza o una via ai vari Adel, Ali, Mahdi citati precedentemente. Accomunandoli con una dizione impegnativa: "Martiri della libertà ". Perché sarebbe giusto, secondo Allam, che il gesto del poliziotto Adel, capace di trascinare via un kamikaze dalla scuola Al Shouada, a sudovest di Bagdad, non fosse dimenticato. E neppure quello di Ali, anche lui di guardia davanti a un seggio elettorale, che alla vigilia del suo ultimo giorno di pattuglia confidò a un amico: "Tutto il terrore del mondo non farà desistere gli iracheni dal realizzare ciò che desiderano". E naturalmente nemmeno quello di Mahdi e di tutti gli altri.

Non di solo integralismo e terrore— ricorda dunque Magdi Allam — vive il mondo arabo. Ci sono i tanti, tantissimi che dall’Algeria all’Iraq perseguono la pace e interpretano gli insegnamenti del Corano come un invito a rispettare il prossimo e proteggere i deboli. C’è il coraggio degli otto milioni di iracheni che sono andati a votare sfidando le bombe e i coltelli di al-Zarqawi. Ci sono i segnali di democrazia e voglia di libertà che, dapprima timidamente e poi con più forza, hanno cominciato a farsi strada nel mondo musulmano dopo la liberazione dell’Iraq dalla tirannia di Saddam Hussein.

E c’è anche, possiamo aggiungere, la testimonianza personale e sofferta dello stesso Allam, che nella prima parte del suo saggio ricorda in descrizioni cariche di pathos l’Egitto tollerante della sua infanzia, quello dei boccali di birra e delle arachidi salate, dei narghilè collettivi e delle canzoni struggenti diUmmKalthum, stella d’Oriente, la più grande interprete della canzone araba di tutti i tempi. Erano giorni di relativa tolleranza, di minigonne e non di veli, di ingenue passioni consumistiche ispirate all’Occidente ma anche di rispetto per le persone, di cui spesso non si conosceva con certezza neppure l’appartenenza religiosa. (A proposito di identità, Allam smonta la leggenda metropolitana della sua fede cristiano- copta: in realtà è musulmano laico, figlio di genitori musulmani e con una madre addirittura incline al rigorismo wahabita, figura da lui amata e venerata, cometestimoniano queste pagine, con accenti toccanti). Musulmano, dunque, ma non Homo islamicus, Magdi Allam. Non un esponente, cioè, di una razza a sé stante, come di solito se la rappresentano gli occidentali. Perché è sbagliata—non si stanca di ripetere—l’idea di un blocco unico indistinto e minaccioso, refrattario a qualsiasi forma di libertà e democrazia. Al contrario, una simile semplificazione fa appunto il gioco di Bin Laden e di tutti coloro che, sfruttando la povertà e l’arretratezza tecnologica dei Paesi arabi, mirano a influenzarne le menti: denaro in cambio delle anime.

E’ questo dunque il senso di quella "vittoria sulla paura" richiamata nel titolo da Allam, in singolare sintonia con il motto più famoso di papa Wojtyla. Quasi a sottolineare che il fronte della tolleranza e quello del coraggio attraversano le chiese, le sinagoghe e le moschee, chiamando in causa soltanto gli uomini e le donne di buona volontà.

Dario Fertilio

Corriere della Sera, 27 maggio 2005

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Data ultimo aggiornamento: Venerdi' 28 aprile 2006