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I Ghirlanduzzi. Intagliatori cenedesi del 600Esempi di schede riguardanti le opere bellunesi dei Ghirlanduzzi Provincia di Belluno Comune di Mel Parrocchia di Lentiai loc. Pianazzo - Santuario della Madonna di Loreto Il santuario intitolato alla Madonna di Loreto era molto visitato fino al secondo dopoguerra e, a maggior ragione, può esserlo stato all’epoca in cui i Ghirlanduzzi collocarono al suo interno questo piccolo capolavoro. La recente riscoperta per gli autori si è rivelata subito convincente. Questo aspetto ha indotto ad intraprendere delle ricerche allargate al territorio bellunese, feltrino e agordino sulla scorta, anche, dell'inaspettata presenza documentaria di Giambattista Ghirlan-duzzi in luoghi più o meno marginali e periferici del Veneto. Di fatto, l'altare maggiore del santuario in località Pianazzo si colloca tra le migliori testimonianze lasciate dei nostri intagliatori, sino ad oggi conosciute, non solo per l'alto valore artistico del manufatto, aspetto ribadito e valorizzato in tutte le opere analizzate, ma anche per le particolari condizioni del contesto. Si fa esplicito riferimento all'integrità del luogo che custodisce l'opera e alla condizione formale di quest'ultima, di chiara connotazione post-conciliare. A questo esempio se ne può aggiungere un altro in territorio friulano. In località Romano di Vigonovo (25), pur con sensibile salto nei rapporti di scala del manufatto, la struttura dell'altare maggiore si propaga in maniera analoga, sino ad inglobare due accessi per la retrostante sagrestia, nel rispetto del più ampio progetto d’istanza Controriformista attuato nel corso degli anni Sessanta del Seicento. Dal punto di vista compositivo, l'originalità dell'altare del Pianazzo risiede soprattutto nella soluzione adottata per le due custodie ricavate all’interno dei piedistalli delle statue dei santi. Inoltre, presenta inconsuete colonne tortili, con un trattamento del fusto del tipo raramente impiegato dai Ghirlanduzzi visto che, al momento, abbiamo identificato solamente altre due opere che ne sono provviste, quello della chiesa parrocchiale in San Nicolò di Comelico (32) e l’altare intitolato all’Im-macolata della chiesa parrocchiale di Sarone (40). Il manufatto si presenta in legno al naturale, ma non per questo deve dare adito d’essere una opera incompiuta, poiché esistono casi analoghi, ad esempio, quello dell’altare della parrocchiale in Cordignano (1) e Rua di Feletto (5), certamente più magniloquenti, per i quali, con tutta probabilità non era nemmeno prevista la doratura. Un ringraziamento a don Brunone De Toffol per avere segnalato agli autori l’inedito manufatto. F. CONCINI, Il culto di Maria nella diocesi di Ceneda, p. 315. (manoscritto - Biblioteca del Seminario di Vittorio V.) AA. VV., Arte e devozione popolare nel trevigiano, a cura di L. Puttin, Padova 1983. S. FRANCESCON, N. SARTORI, Mel storia e leggende arte e usanze, Belluno 1991, pp. 436, 437. D. MANZATO, R. MENEGHETTI, Nel bellunese attribuiti tre altari ai Girlanduzzi, in "L'Azione", 10 novembre 2002, p.17.
Provincia di Belluno Comune di San Nicolò di Comelico San Nicolò di Comelico - Chiesa parrocchiale L'altare di San Valentino è un'opera del tardo periodo della produzione dei Ghirlanduzzi. Per l'aspetto architettonico in generale, accanto a soluzioni comuni alle altre opere antecedenti, mostra elementi di grande originalità e perfezione esecutiva come in pochi altri dossali analizzati. L'altare fu consacrato il 30 agosto del 1684, ossia, poco meno di due anni prima della morte di Andrea e cinque di quella del fratello Giambattista. Al momento, risulta essere l'ultima delle opere dei due maestri intagliatori. La cura nella preservazione dell’opera ha garantito un buono stato di conservazione e per questo ci si rende edotti con maggiore incisività della sopraffina manualità raggiunta dagli artisti cenedesi, al punto di permetterci di asserire il loro primato nel panorama dell'altaristica dell'epoca in questo territorio. Il manufatto sintetizza pressappoco tutto il repertorio decorativo di bottega. Si vedano, ad esempio, le composizioni di fiori e frutta tra le colonne sulla parete di fondo; tale decoro è riscontrabile nell'altare maggiore della chiesa del Rosario in Romano di Vigonovo (25), in quello maggiore a San Martino d’Aviano (51), negli altari della chiesa della Madonna a Porcia (53, 54), ed in quello della chiesa parrocchiale a San Lorenzo d’Arzene (46). Dal basso, lo stilobate è ricco di fasce e di cornici sagomate secondo i profili ricorrenti in molti altari. Queste modanature variano eventualmente per dimensioni, ma in numerosi casi restano equivalenti anche in molti altari proporzionalmente prossimi a questo. Per quanto concerne la decorazione di queste modanature, abbiamo appurato come la bottega elabori in un primo momento modelli dalla fronte completamente liscia, mentre nell'altare di San Valentino ammettono d’essere intagliate. Detto per inciso, l'aggetto delle modanature dei piedistalli negli altari dei Ghirlanduzzi segue un criterio proprio della ricerca architettonica. Anche in questo manufatto le cornici poste sul margine superiore del piedistallo hanno uno sporto complessivo circa uguale a quello delle cornici alla base dello stesso, mentre nelle aggregazioni dei profili, le modanature sovrapposte alle altre hanno solitamente un aggetto mai superiore all'altezza della modanatura stessa. Anche nell’articolazione delle sagome, quindi, il canone è ampiamente rispettato. Tutto l'apparto scultoreo è equilibrato nelle forme e reso con scioltezza nel movimento. Presenta analogie con quello dell'altare della chiesa parrocchiale di Sarone (40), con quello dell’altare maggiore della chiesa purliliese e della parrocchiale di Santo Stefano di Cadore (34), nonché con quello di molti altri lavori. Grazie alla documentata paternità dell'opera ai Ghirlanduzzi, possono essere ascritte con certezza ai nostri molte delle opere inserite nella raccolta anche se al momento non supportate da documenti. Infatti, come già detto, in virtù del metodo adottato è stato possibile estendere l’analisi a tutte le opere proposte identificando per esse delle stringenti analogie. G. STRAFFORELLO, La Patria geografia dell'Italia, Torino 1905, p.163. TRONCONI, DE MARTIN, Omaggio dell'amministrazione comunale di S. Nicolò di Comelico, Feltre 1943, p. 37. G. FABBIANI, Le chiese del Cadore, Belluno. 1963, pp. 145, 157. M. G. CAIS, I Ghirlanduzzi da Ceneda, Tesi di Laurea in Storia dell'Arte. Università degli Studi di Padova, Facoltà di Magistero - Materie Letterarie, relatore C. Semenzato, a.a. 1978 - 1979. M. LUCCO, Arte del '600 nel bellunese, Padova 1981, p. 35. A. FLEGO, L'attività della bottega comuzziana e la scultura lignea nella Carnia e nel Cadore del XVII secolo, Tesi di Laurea in Storia della Tradizione Classica nell'Arte Europea, Università degli Studi di Udine, relatore C. Furlan, correlatore G. Perusini Arrigoni, a.a.1992 - 1993. G. ERICANI, La scultura lignea del Seicento nel Veneto, in La scultura lignea barocca nel Veneto, a cura di A. M. Spiazzi, Milano 1997, pp. 82 - 85. D. MANZATO, Analisi degli altari lignei tra Manierismo e Barocco nel Friuli Occidentale, Tesi di Laurea in Architettura, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, rel. Laura Corti, corr. Paolo Casadio, a.a. 1998 - 1999.
Provincia di Belluno Comune di Santo Stefano di Cadore Santo Stefano di Cadore - Chiesa pievanale di Santo Stefano L'altare ligneo della Passione è un'opera significativa e unica dal punto di vista formale. Si tratta di una cornice architettonica del tutto inedita fra le opere superstiti nell'ambito considerato, che per le ragioni di una narrazione iconografica articolata e ricca, restituisce un numeroso corredo della scultura a tutto tondo, che non trova facili riferimenti nemmeno col repertorio di tutta l’altaristica lignea superstite del Seicento locale. Quest’opera ha un carattere eminentemente didascalico, un vero e proprio percorso iconografico per rappresentazioni di scene e di simboli sacri. Se la triplice apertura dell’altare riflette i connotati tipici dell'altaristica commemorativa veneziana del tardo Rinascimento, l'impalcato scenografico porta alla mente le complesse installazioni nordiche del tardo Quattrocento, dove l'usanza della plastica era maggiormente profusa negli altari, assieme alla predisposizione di ancone articolate su registri contigui. Se si accosta l’altare a qualsiasi altro esemplare elaborato dai Ghirlanduzzi, certamente potrà apparire scevro di decorazioni aggiuntive. Come detto, tutta l’opera è da attribuire ai Ghirlanduzzi, compresi i quattro angeli in piedi sulla trabeazione, fino ad oggi ritenuti dalla critica "di probabile mano ottocentesca", ma evidentemente secenteschi e appartenenti al ciclo iconografico visto che reggono gli strumenti della Passione; inoltre sono molto diffusi negli altri lavori degli artisti di Ceneda e facilmente riconoscibili dal punto di vista stilistico. A causa di un'errata interpretazione dei documenti redatti da parte di don Zanollio, l'altare commissionato dalla Scuola dei Battuti era stato inteso come frutto di un parziale coinvolgimento dei Ghirlanduzzi, in veste di coautori dell’opera, assieme ad altri artisti poco conosciuti. Ora possiamo sostenere con certezza che tutta l’opera è stata condotta in Cadore da Ceneda dai nostri intagliatori. Quest’importante altare permette di attribuire con maggiore sicurezza altri manufatti peculiarmente scultorei, appena sfiorati dalla critica, come nel caso, ad esempio, del coronamento dell'altare maggiore della chiesa di San Giuseppe a Serravalle (9); infatti, il gruppo del Crocifisso è esattamente riproposto a Santo Stefano di Cadore. Ancora, all'apostolo Giovanni fa eco l’omonimo santo presente nella Cattedrale di Ceneda (43). Inoltre, a Candide (61), il Crocifisso dell’altare laterale di destra, si differenzia da questo solo per l’aspetto esteriore della finitura. Appare superfluo ribadire la corrispondenza del proporzionamento delle parti principali dell’ordine architettonico. G. BIASUZ, Le Memorie di Don Giovanni Zanollio pievano di Santo Stefano di Comelico, in "Archivio Storico di Belluno Feltre e Cadore", anno II n.11, Feltre 1930, p. 147. G. FABBIANI, Le chiese del Cadore, Belluno. 1963, pp. 145, 157. .G. BIASUZ, M. G. BUTTIGNON, Andrea Brustolon, Padova 1969, p. 36. M. G. CAIS, I Ghirlanduzzi da Ceneda, Tesi di Laurea in Storia dell'Arte. Università degli Studi di Padova, Facoltà di Magistero - Materie Letterarie, relatore C. Semenzato, a.a. 1978 - 1979. M. FAIT, La Chiesa Pievanale, cenni architettonici e storico artistici, in La Pieve di Santo Stefano di Cadore, Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, serie varie n. 18, San Martino Buon Albergo 1988, pp. 40 - 44. G. ERICANI, La scultura lignea del Seicento nel Veneto, in La scultura lignea barocca nel Veneto, a cura di A. M. Spiazzi, Milano 1997, pp. 82 - 85 D. MANZATO, Analisi degli altari lignei tra Manierismo e Barocco nel Friuli Occidentale, Tesi di Laurea in Architettura, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, rel. Laura Corti, corr. Paolo Casadio, a.a. 1998 - 1999.
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