Dall’Agordino al Perù, dalle miniere andine ai libri Alcide Zas Friz, perito minerario, dopo quasi quarant’anni trascorsi sulla cordigliera delle Ande, è tornato nel suo paese natale, La Valle, e ha pubblicato il suo quinto volume.

Non si è mai pentito Alcide Zas Friz, perito minerario, diplomato alla scuola di Agordo, della scelta di emigrare in Perù nel lontano 1952. Non che nel dopoguerra ci fossero grandi possibilità di scelta: il lavoro nel bellunese scarseggiava e la decisione, comunque tutt’altro che facile, di partire alla volta della cordigliera delle Ande per estrarre piombo, rame e metalli preziosi, fu presa, oltre che da lui, da circa una trentina di minatori della zona. I ricordi di una vita trascorsa tra le alpi bellunesi e le montagne peruviane scorrono vivi nel racconto della sua esperienza di emigrante: “Agli inizi è stata davvero dura - rammenta il signor Alcide -. Solo per giungere alla prima miniera in cui dovevo prestare servizio ho impiegato cinque giorni, perché a causa della pioggia la strada era in più tratti interrotta. La seconda miniera, invece, si trovava ad un'altitudine di ben 4800 metri: faceva un gran freddo, nevicava e ricordo di aver sofferto moltissimo”.

Negli anni successivi il signor Zas Friz inizia a collaborare sia in Perù che in Colombia alla realizzazione di grandi opere, come la costruzione di centrali elettriche e lo scavo di numerose gallerie. “Ho lavorato sia come direttore dei lavori che come piccolo imprenditore. La mia compagnia si chiamava Tammer - precisa - come un monte dell’Agordino”.  Prima di poter rivedere l'Italia e le alpi bellunesi, però, gli ci vollero ben 11 anni, anche se la fidanzata Bianca, conosciuta nel suo paese d'origine, La Valle Agordina, lo aveva presto raggiunto in Sud America. Il matrimonio fu celebrato a Lima nel 1954 e successivamente fu allietato dalla nascita di due figli. “La vita nelle miniere, lontano per mesi dalla famiglia che rimaneva per forza di cose in città, è stata l'esperienza più difficile - racconta Zas Friz - perché era un po' come essere emigrato per una seconda volta”. Per il resto, il bilancio della sua lunga trasferta è del tutto positivo: “Non si guadagnava male e la gente del posto, soprattutto nelle Ande, ci ha accolto davvero bene”. I veneti occupati nelle diverse miniere peruviane trovavano il modo di tenere i contatti tra di loro: “Tutte le domeniche, ad un'ora prestabilita - dice il signor Zas Friz - comunicavamo via radio”. Inoltre, a Lima, alcuni gruppi, come i Bellunesi nel Mondo, il CAI e l'Associazione Alpini riuscivano a mantenere vive le tradizioni della nostra regione. “Con i quasi quaranta alpini presenti nella capitale peruviana ci si radunava spesso per mangiare il nostro piatto più tipico: la polenta. Il 4 novembre, poi, si organizzava sempre una grande festa”.  Il suo definitivo rientro in patria si è reso necessario nel 1990, dopo che in Perù il livello della criminalità era molto aumentato, ma ha coinciso anche con la riscoperta di un'antica passione: “Ritornare a casa dopo tanti anni è stato un po' come ricominciare da capo. Molte persone care non c'erano più e anche lo stile di vita era completamente cambiato. Io, però, sono riuscito ad adattarmi bene e tra l'altro ho ritrovato i vecchi quaderni su cui da piccolo annotavo le mie impressioni sulle montagne e ho deciso di riprendere a scrivere. Ma solo da ottobre ad aprile - sorride il signor Alcide - perché i mesi estivi preferisco dedicarli al golf, alla cura del mio orto o li trascorro nella mia baita”. Da poco è stato pubblicato il volume "Scarpet", scritto da Zas Friz insieme a Paola Soppelsa, e ora esce il libro "Cammino sulle Ande", dedicato alla sua storia personale e a quella di chi come lui ha lavorato come minatore in Perù. “E' valsa la pena di andare fin laggiù?” gli chiediamo. “Io credo di sì - risponde convinto - ma non ho nostalgia di quella terra, solo tanti buoni ricordi”.

Simonetta Mengato (da “Veneti nel Mondo” n 9/2004)