AI CONFINI
DELL'INDICIBILE
Leggendo le ultime pagine del libro si ha quasi l’impressione di seguire un folle e grottesco valzer delle passioni, con i danzatori che continuano a muoversi anche se della musica č rimasta soltanto una lontana eco, quasi impercettibile ma sufficiente a fare in modo che si continui appunto a danzare, come marionette mosse da una potenza superiore. Questa potenza superiore č la straordinaria scrittura di Sándor Márai: tesa e affilatissima, spinta quasi ai confini dell’indicibile. Mattia Mantovani, «La Provincia di Como», 4 luglio 2004 |
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LA SPIETATA
DOLCEZZA DI MÁRAI
Márai ancora una volta riesce a catturare la nostra attenzione con quel suo «niente da dire» che scorre lento come un fiume di cose apparentemente insignificanti fra le quali si annidano i termini nascosti ma eterni della vicenda umana fatta di cosě banali elementi da apparire di nessuna importanza se un romanzo non la raccontasse nella sua spietata dolcezza. Giuseppe Marchetti, «La Gazzetta di Parma», 29 giugno 2004 |
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UN COMPITO AMARO
FINO ALL’INSOSTENIBILITŔ
E il compito dello scrittore – amaro fino all’insostenibilitŕ – č quello di raccontare questi disperati processi: come Márai sembra dirci facendo comparire in tutti e quattro i monologhi la figura apparentemente laterale appunto di uno scrittore che smette di scrivere perché il mondo di cui dovrebbe narrare č tragicamente disperato. Giulio Galetto, «Il Giornale di Vicenza», 21 giugno 2004 |
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NELLO SPAZIO
DELL'OSSESSIONE SENTIMENTALE
Sullo sfondo della vicenda privata, chiusa nello spazio dell’ossessione sentimentale, Márai tratteggia l’altra guerra, quella corale, che sta mutando l’orientamento del mondo, fissato dalla civiltŕ borghese. Al sogno della «donna giusta», che non c’č mai per nessuno, si accompagna quello della societŕ giusta, allo stesso modo inesistente. Rolando Damiani, «Il Gazzettino», 19 giugno 2004 |
Tratto da http://www.adelphi.it