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CAPRARO ANNARITA

Lettere scomposte

PANDA EDIZIONI

 

 La poetica di Annarita

Una poesia incisiva quella di Annarita, vicina al sincretismo ma ancora pregna del fascino delle parole, per cui non basta una veloce, superficiale lettura per cogliere l’afflato dell’animo suo, delicatissimo e complesso.

Sono delle piccole creazioni intessute di sapienza interiore anche dove l’autrice tentenna e si dibatte certa di non sapere. Il poeta oggigiorno non si sente Vate altro che in chiave minore e Annarita quotidianamente dipana su un proprio altare interiore il nodo delle proprie chiusure, di un insopprimibile malessere. Le domande ricorrenti sono quelle che l’individuo pensante sempre si pone: dove sto andando, quale il mio ruolo, quale la fine che mi spetta? Anche nelle situazioni dove la vita ti potrebbe irridere, incombe questo senso di precarietà, di un insondabile appostamento dietro l’angolo. L’autrice se ne è fatta una ragione, possiede in fondo la chiave di questa sua inquietudine: non siamo fatti per questa cornice, quest’oncia di tempo che ci è dato vivere, anche se c’imbeviamo dei chiari di luna e siamo propensi a trattenere lo smalto che ci rimanda la natura. C’è un qualcosa che ci aspetta tra le maglie del vivere, che ci attira come una calamita a porci gli interrogativi sostanziali.

"Lontano del nido il pensiero / volano lieti gli uccelli di passo / incontro alla sorte / tramata tra colori d’autunno. / Ahimè, troppo tardi si avvedono / i miseri dell’inganno crudele, / traditi dal richiamo dei pari. / L’inutile fuga si tace tra i rami / un tempo compagni di canti e di voli; / anch’essi oramai sono foglie / che attendono il vento per l’ultimo volo. / E io che impaurita mi chiedo / quale tramaglio è allestito per me." (AL ROCCOLO)

Si sente minacciata, Annarita, talora predestinata, ma sempre pronta a rialzarsi con nuovo vigore, a superare l’impasse del proprio stato emozionale con una lucidità ed un’eleganza di stile che appunto diventa poesia. "Non è più tempo per me / di lasciar passare i treni / ferma sul marciapiede / con la mia valigia vuota / a sperare in un passaggio successivo. / Voglio andare incontro al vento / e volgerlo in occasione / cogliere le stelle cadenti nella notte come se fossero le ultime / bianche sentinelle della gioia." (I TRENI PERDUTI)

Annarita ben conosce il fermento del cuore: "Fra non molto riposeranno / le membra stanche tra le lenzuola, / s’illuderà l’intelletto di cessare l’attività / sospeso in un curioso stand-by. / Ma il cuore? Potrà egli dirsi quietato? / Giammai la passione depone le armi / le emozioni giacciono vinte / l’amore cessa di battere! / Anche nel sonno combatto / ostinata la mia battaglia." (LA BATTAGLIA DEL CUORE)

Sottile il divario tra le cose che ci diventano intrinseche e quelle destinate ad essere per noi un enigma: "Guardo la mia vita / fatta di tutto quello che ho / anche di quello che ho perduto. / Perduto di notte, mentre dormivo / e non ho visto le emozioni silenziose / che mi passavano accanto / ma più di questo mi manca ciò che mai ho avuto / e sento il vuoto solitario / e vero di tutte le cose che / non sono venute in cerca di me." (GUARDO LA MIA VITA)

Coglie, Annarita, nella sua interezza il senso di sradicamento dell’emigrante: "Soffro la malattia dell’emigrante / che pensa alla sua terra / lontana, e spera di rivederla un giorno. / Sento in me la nostalgia / di ciò che è stato / e che non è stato / che sarà, o non sarà mai. / È un dolore grigio e profondo." (NOSTALGIA)

Un consono tributo poi alla sua città di Belluno: "Te ne stai lì, sentinella splendente / colpita dal sole del risveglio, / vigili sulla Piave lenta / che ti mormora accanto … / Talora anche ti odio / ti fuggo ma da lontano ti cerco: / desiderio amaro, / sicuro porto di quiete / e sempre mi è dolce il ritornare. (DEDICATO ALLA MIA CITTA’)

Risuona in questi accenni, volutamente, l’eco mirabile di un noto verso leopardiano.

È quasi lusingata, Annarita, dalla malia del sabato. "Sono creatura del sabato / del travaglio che precede il parto…/ Mi eccita l’attesa indefinita dell’evento… / Temo il concretizzarsi del desiderio / la nostalgia del prima / la fine del sogno. (LO SPIRITO DELLA VIGILIA)

Altri temi ricorrenti: la maternità, la salvaguardia dell’ambiente, la nostalgia dell’infanzia, di uno stato embrionale dove la coscienza ancora non ci configgeva con i suoi strali. E poi quel pieno donarsi nel gesto d’amore, il concepimento (tu figlia, non sei nato il giorno in cui sei venuto al mondo, ma a monte, in un istante che sapeva di assoluto), il riconoscimento della propria idealità – e profonda unicità – con detti universali che ci riportano alla liricità leopardiana.

Daniela Scola, insegnante

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Data ultimo aggiornamento: Martedi' 14 aprile 2009