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CAPRARO ANNARITA

Lettere scomposte

PANDA EDIZIONI

 

 

NOI E ANNARITA CAPRARO

 

Incontrare le parole di Annarita Capraro è aprire una porta.

E caderci dentro.

Dentro noi stessi.

I pensieri accelerano sempre più come attraversassero un personalissimo tunnel spaziotemporale, mentre il vortice ci avvolge riaffiorano ricordi, attimi di vita, vissuta o desiderata, in un inarrestabile abbrivio delle emozioni. Perché le emozioni di Annarita sono quelle di ognuno di noi, anzi, di ogni donna soprattutto, perché leggendo i suoi versi traspaiono dolore e sofferenza, sempre vinti però dall'amore per la vita e i suoi preziosi attimi che solo un'anima attenta al particolare sa cogliere, ma soprattutto traspare femminilità: nella dolcezza, nelle debolezze, nella malinconia e soprattutto nella forza con cui chiede aiuto all'amore per vincere il proprio lato oscuro.

Confesso con ingenuità di essermi avvicinato a questa breve ma intensa raccolta di poesie come - penso - la maggior parte dei suoi lettori: senza conoscere l'autrice. Senza conoscere la sua personalità né il suo vissuto. Questo ai più potrà sembrare insolito: uno strano limite per chi si appresta a recensirne il lavoro. Invece mi ha regalato l'impagabile gioia di avvicinarmi alle parole senza preconcetti o opinioni pregresse e soprattutto senza aspettative: una lavagna nera, pulita, su cui i versi di Annarita hanno liberamente iniziato, man mano che mi addentravo nella lettura, a far affiorare sensazioni inaspettate, momenti di vita - mia - sopiti e risvegliati dalla vita dell'autrice, così personale eppure così uguale a quella di ognuno di fra noi che sappia essere onesto coi propri ricordi, le proprie piccole gioie e i propri dolori.

Il pregio principale di questi versi - che versi in senso classico non sono - in cui cuore e amore non fanno mai rima ma si rincorrono in disordine, giocando a nascondino fra emozioni che appaiono all'improvviso ridestate da un'epifania svelata dal diradarsi della nebbia... Il pregio principale, dicevo, è che Annarita parla con l'anima del mondo, dell'anima del mondo, cioè di ognuno di noi.

E' fin troppo facile riconoscersi nei suoi ricordi, nelle sue delusioni, nei suoi desideri e nelle sue speranze. Si inizia a leggere scorrendo le parole dell'autrice e ci si sorprende a leggere di noi.

La prima lettura superficiale è una deludente ricerca di metrica e rima, ma già la seconda sfiora i significati: smuove la fantasia nell'intuire momenti e istantanee che appartengono a lei, nell'immaginare la vita e i pensieri dell'autrice mentre quelle parole sgorgavano dalla sua penna - già compiute ne sono certo - sotto la dettatura delle sue emozioni. Annarita si racconta, parla con noi delle proprie emozioni.

Solo ora siamo pronti a rileggerle facendole nostre, lasciando che a ogni riga un nostro ricordo affiori, che le nostre emozioni abbiano il sopravvento e noi, bambini indifesi, ci lasciamo cadere e avvolgere guardandoci dentro con tenerezza e melanconia, perché adesso Annarita ha smesso di parlare con noi ma parla di noi. Ora con quelle stesse parole che sgorgano dalla sua penna ricomponendo frammenti di vita che le appartengono Annarita ci guida, involontario quanto inconsapevole Virgilio, a visitare noi stessi forse per la prima volta...

Nell'etimologia delle parole sono spesso evidenti significati profondi a cui non siamo più avvezzi prestare attenzione nel quotidiano distratto uso di questo meraviglioso strumento che è la lingua in tutta la sua ricchezza: in questa raccolta di poesie l'autrice ci svela la propria anima. Verso dopo verso - velo dopo velo - la mette a nudo davanti ai nostri occhi e al nostro cuore, senza imbarazzi né timori: ci guida in un percorso dentro sé che magicamente ci fa ritrovare dentro noi stessi.

Sarà più facile immagino per uno spirito femminile riconoscersi nelle parole e soprattutto nei modi in cui Annarita vive sé stessa: traspare una femminilità intensa, piena, senza sconti. L'animo maschile è meno sincero con sé stesso, abituato dalla sciocca paura del giudizio, proprio e altrui, a nascondere debolezze e malinconie. Timoroso finanche ad ammettere di possedere una parte sensibile, femminile appunto, quasi fosse una vergogna da celare. Ricordo anni fa una splendida intervista ad un Gianni Agnelli già in età di saggezza, in cui alla domanda sul perché di lui circolassero poche indiscrezioni su donne, avventure e amori, veri o presunti, l'Avvocato rispose "Ci sono uomini che parlano di donne, e uomini che parlano con le donne". Ecco, credo che leggere queste piccole intense poesie possa insegnare anche ad un animo maschile a parlare con le donne: soprattutto ad ascoltare la donna, la parte più femminile e sensibile, che inevitabilmente, ci piaccia o no, alberga dentro ognuno di noi. E questo è un prezioso regalo che Annarita ci fa solo che noi lo si voglia accogliere.

Una raccolta di liriche brevi, semplici nel senso migliore, leggere per l'assenza di opulente ridondanze, tutt'altro che leggere nell'investire il lettore come un vento che scardina ogni difesa e a cui nulla può restare celato, nel metterlo a nudo davanti a sé stesso costringendolo a non distogliere lo sguardo, ma al tempo stesso accompagnandolo con compassione e amore a guardare con meno solitudine il proprio io. Descrizioni di luoghi, stagioni, momenti di vita colti non per ciò che sono ma per le metafore e i paralleli che sanno evocare: il roccolo diventa la prossima dura prova che la vita ha in serbo per noi, il treno l'occasione che abbiamo appena lasciato partire... Annarita ci prende per mano con parole mutuate dalla semplicità del discorrere quotidiano, quasi dal pensiero di un bambino, mai banali, immediate, mai scontate, proprio grazie a questa semplicità in grado di giungere con disarmante facilità al cuore di ognuno e avvolgerlo come fossero nate dentro esso e non frutto di lettura.

E alla fine scende il silenzio, un silenzio pieno delle nostre emozioni che, dopo aver vorticato incontrollabili riempiendo il nostro cuore fino a tracimarlo, si lasciano finalmente osservare con occhi nuovi: da sepolti attimi di dolore, da piccole sconfitte nascoste, da aspettative deluse diventano amiche, compagne con cui condividere quel segreto con tenerezza, alleviati dalla consolante consapevolezza che non siamo soli a vivere quelle piccole o grandi sofferenze, e con l'insegnamento che l'amore per la vita è li a salvarci, a offrirci una cima a cui aggrapparci in attesa che si plachi l'ennesima tempesta e una nuova alba più serena torni a disegnare il nostro sorriso.

È in questo silenzio inevitabile che il lettore dà inconsapevolmente vita ad uno dei versi più intensi: "Il mio cibo sono le parole, ma l'anima mia si pasce di silenzi".

Non ho mai creduto che la felicità possa essere uno stato permanente, credo piuttosto che sia la capacità di godere appieno di attimi, per brevi o effimeri possano essere. Di questo mio pensiero ho trovato nelle liriche di Annarita Capraro non solo una conferma ma una intima lezione: grazie!

Paolo Munarin, scrittore

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Data ultimo aggiornamento: Martedi' 14 aprile 2009