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GALLI ARRIGO

Dopo Vajont (1963-1968). E' giusto che se ne parli

 

PRESENTAZIONE del prof. Gioachino Bratti, già sindaco di Longarone

"E’ giusto che se ne parli", evidentemente, per Arrigo Galli, che in occasione del 45° anniversario della catastrofe del Vajont ci consegna queste pagine, non tutto è stato scritto – o non è stato scritto come si doveva – sulla ricostruzione di Longarone. E quindi è giusto, anzi doveroso, che se ne parli ancora, nonostante le tante e tante pagine scritte sull’argomento.

Ed egli lo fa con il piglio franco e deciso che gli viene dal carattere suo e della sua famiglia, che era il carattere di Luciano Galli, suo fratello, recentemente scomparso, che fu uno dei protagonisti dei primi anni del "dopo Vajont"; dalle note del suo archivio l’autore attinge abbondantemente. E’ il carattere di una persona che, colpito tragicamente negli affetti più cari dal disastro, sente come dovere quello di dar voce, attraverso la documentazione e lo scritto, alla "vera verità". E lo fa con passione e convinzione e, in più, senza cedere al compromesso dell’opinione scontata, accettata a volte acriticamente solo perché prevalente.

E ciò soprattutto allorchè si definiscono responsabilità e colpe che portarono alla catastrofe, che furono di tutta la classe politica ed economica del Paese, e non solo, come alcuni vollero far credere, di una sola parte. E con questo obiettivo l’autore cerca di ridimensionare o comunque riequilibrare eventi, comportamenti e persone esaminati sinora da un’unica prospettiva.

In uno stile scarno e essenziale, scorrono innanzi al lettore gli avvenimenti salienti e a tratti drammatici dei primi giorni, mesi ed anni del dopo Vajont, con episodi e personaggi già noti al lettore, collocati ed esaminati peraltro "dal di dentro", cioè tenendo conto del contesto in cui operarono e giudicati secondo il metro di chi ne condivise problematiche e sofferenze. Ed ecco le pagine del duro confronto tra l’Amministrazione Comunale sopravvissuta al disastro e il Comitato dei Superstiti, le iniziali acquiescenze o incertezze di fronte all’ipotesi avanzata dallo Stato del trasferimento dell’abitato di Longarone, i blocchi stradali del ’63 - ’64, giudicati dall’autore un male necessario per ottenere giustizia, la transazione con l’Enel, sulla quale il giudizio negativo che comunemente ne fu dato viene ribaltato. E ancora, la ricostruzione materiale, nelle opere pubbliche, nelle abitazioni, nelle infrastrutture e negli insediamenti industriali dove non mancò lo scontro tra la comunità superstite che esigeva priorità e agevolazioni per la zona colpita e una legislazione e una prassi che miravano invece a risollevare il tessuto economico di aree più vaste. E infine le tormentate vicende della ricostruzione della chiesa di Longarone, il cui progetto non fu mai democraticamente concertato, le varie fasi del processo sulle responsabilità del disastro, coinvolgenti allorchè si legge il lungo scritto dell’avv. Odoardo Ascari riportato in appendice del volume, per finire alla crescita civile e sociale del paese nelle sue istituzioni e soprattutto nelle sue varie associazioni, che furono luogo e strumento di recupero della comunità.

Tutto ciò Arrigo Galli lo scrive con due scopi.

Il primo è quello di ribadire con fermezza come la ricostruzione di Longarone sia stata un grande e positivo evento, in cui hanno prevalso nobiltà di ideali e di opere a fronte di malversazioni – peraltro limitate – che pur ci furono e che purtroppo, ancor oggi, uno sciagurato drappello di pochi continua a far spacciare come l’unica e vera storia del Vajont "I veri protagonisti di questa storia che ci fa onore – dice l’autore – (…) fu gente che ha agito mettendo anima e corpo, spassionatamente, al servizio di una comunità che, affranta e disperata, all’indomani del disastro chiedeva solo di riavere ciò che le era stato strappato e le spettava di diritto e nello stesso tempo lottò perché fosse fatta giustizia".

Il secondo obiettivo è quello di dare finalmente meriti e lustro ad alcuni veri protagonisti di quel periodo, alcuni dei quali troppo frettolosamente rimossi dalla memoria, i quali, spinti dall’amore per il proprio paese, sacrificarono sé stessi, con passione e dedizione, alla ricostruzione della comunità, in campi diversi, nella politica, nella vita sociale, nell’associazionismo, nel tempo libero: "queste persone non hanno chiesto medaglie o riconoscimenti vari, consci di aver fatto il loro dovere a favore di tanti altri""

Colpisce anche, nella dimensione del libro, il rilievo che vi hanno gli allegati, documenti che l’autore ha riportato a volte nella loro interezza, anche se lunghi. Oltre a chiarire particolari ed evoluzione delle vicende, sono sempre testimonianze vibranti di ideali, di convinta apologia di idee e di comportamenti.

In questa per certi aspetti nuova impostazione della lettura che si dà al "dopo Vajont", il libro non mancherà di accendere dibattiti e di suscitare polemiche. Ma oggi, in generale, nel Paese è in corso una profonda "rivisitazione" della storia più recente per sempre meglio far luce sugli eventi: anche in questo filone potrebbe essere collocata la "vera verità" di Arrigo Galli. A lui, che continua ancor oggi come fondatore e presidente di un’attiva associazione locale, quella degli ex emigranti, il suo impegno per Longarone, che diede anni fa come sindaco, va comunque il merito di avere, con coraggio e determinazione, riportato l’attenzione su un capitolo della storia del Vajont sinora forse indagato secondo stereotipi, che, come tali, hanno invece sempre bisogno di verifica e, se necessario, di correzione.

 

Longarone, luglio 2008



Data ultimo aggiornamento: Sabato 16 agosto 2008
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