PRESENTAZIONE del prof. Gioachino Bratti, già sindaco
di Longarone
"E’ giusto che se ne parli",
evidentemente, per Arrigo Galli, che in occasione del 45° anniversario
della catastrofe del Vajont ci consegna queste pagine, non tutto è stato
scritto – o non è stato scritto come si doveva – sulla ricostruzione
di Longarone. E quindi è giusto, anzi doveroso, che se ne parli ancora,
nonostante le tante e tante pagine scritte sull’argomento.
Ed egli lo fa con il piglio franco e deciso che gli
viene dal carattere suo e della sua famiglia, che era il carattere di
Luciano Galli, suo fratello, recentemente scomparso, che fu uno dei
protagonisti dei primi anni del "dopo Vajont"; dalle note del
suo archivio l’autore attinge abbondantemente. E’ il carattere di una
persona che, colpito tragicamente negli affetti più cari dal disastro,
sente come dovere quello di dar voce, attraverso la documentazione e lo
scritto, alla "vera verità". E lo fa con passione e convinzione
e, in più, senza cedere al compromesso dell’opinione scontata,
accettata a volte acriticamente solo perché prevalente.
E ciò soprattutto allorchè si definiscono
responsabilità e colpe che portarono alla catastrofe, che furono di tutta
la classe politica ed economica del Paese, e non solo, come alcuni vollero
far credere, di una sola parte. E con questo obiettivo l’autore cerca di
ridimensionare o comunque riequilibrare eventi, comportamenti e persone
esaminati sinora da un’unica prospettiva.
In uno stile scarno e essenziale, scorrono innanzi al
lettore gli avvenimenti salienti e a tratti drammatici dei primi giorni,
mesi ed anni del dopo Vajont, con episodi e personaggi già noti al
lettore, collocati ed esaminati peraltro "dal di dentro", cioè
tenendo conto del contesto in cui operarono e giudicati secondo il metro
di chi ne condivise problematiche e sofferenze. Ed ecco le pagine del duro
confronto tra l’Amministrazione Comunale sopravvissuta al disastro e il
Comitato dei Superstiti, le iniziali acquiescenze o incertezze di fronte
all’ipotesi avanzata dallo Stato del trasferimento dell’abitato di
Longarone, i blocchi stradali del ’63 - ’64, giudicati dall’autore
un male necessario per ottenere giustizia, la transazione con l’Enel,
sulla quale il giudizio negativo che comunemente ne fu dato viene
ribaltato. E ancora, la ricostruzione materiale, nelle opere pubbliche,
nelle abitazioni, nelle infrastrutture e negli insediamenti industriali
dove non mancò lo scontro tra la comunità superstite che esigeva
priorità e agevolazioni per la zona colpita e una legislazione e una
prassi che miravano invece a risollevare il tessuto economico di aree più
vaste. E infine le tormentate vicende della ricostruzione della chiesa di
Longarone, il cui progetto non fu mai democraticamente concertato, le
varie fasi del processo sulle responsabilità del disastro, coinvolgenti
allorchè si legge il lungo scritto dell’avv. Odoardo Ascari riportato
in appendice del volume, per finire alla crescita civile e sociale del
paese nelle sue istituzioni e soprattutto nelle sue varie associazioni,
che furono luogo e strumento di recupero della comunità.
Tutto ciò Arrigo Galli lo scrive con due scopi.
Il primo è quello di ribadire con fermezza come la
ricostruzione di Longarone sia stata un grande e positivo evento, in cui
hanno prevalso nobiltà di ideali e di opere a fronte di malversazioni –
peraltro limitate – che pur ci furono e che purtroppo, ancor oggi, uno
sciagurato drappello di pochi continua a far spacciare come l’unica e
vera storia del Vajont "I veri protagonisti di questa storia che ci
fa onore – dice l’autore – (…) fu gente che ha agito mettendo
anima e corpo, spassionatamente, al servizio di una comunità che,
affranta e disperata, all’indomani del disastro chiedeva solo di riavere
ciò che le era stato strappato e le spettava di diritto e nello stesso
tempo lottò perché fosse fatta giustizia".
Il secondo obiettivo è quello di dare finalmente
meriti e lustro ad alcuni veri protagonisti di quel periodo, alcuni dei
quali troppo frettolosamente rimossi dalla memoria, i quali, spinti dall’amore
per il proprio paese, sacrificarono sé stessi, con passione e dedizione,
alla ricostruzione della comunità, in campi diversi, nella politica,
nella vita sociale, nell’associazionismo, nel tempo libero: "queste
persone non hanno chiesto medaglie o riconoscimenti vari, consci di aver
fatto il loro dovere a favore di tanti altri""
Colpisce anche, nella dimensione del libro, il rilievo
che vi hanno gli allegati, documenti che l’autore ha riportato a volte
nella loro interezza, anche se lunghi. Oltre a chiarire particolari ed
evoluzione delle vicende, sono sempre testimonianze vibranti di ideali, di
convinta apologia di idee e di comportamenti.
In questa per certi aspetti nuova impostazione della
lettura che si dà al "dopo Vajont", il libro non mancherà di
accendere dibattiti e di suscitare polemiche. Ma oggi, in generale, nel
Paese è in corso una profonda "rivisitazione" della storia più
recente per sempre meglio far luce sugli eventi: anche in questo filone
potrebbe essere collocata la "vera verità" di Arrigo Galli. A
lui, che continua ancor oggi come fondatore e presidente di un’attiva
associazione locale, quella degli ex emigranti, il suo impegno per
Longarone, che diede anni fa come sindaco, va comunque il merito di avere,
con coraggio e determinazione, riportato l’attenzione su un capitolo
della storia del Vajont sinora forse indagato secondo stereotipi, che,
come tali, hanno invece sempre bisogno di verifica e, se necessario, di
correzione.
Longarone, luglio 2008
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